

Il viandante
La storia del canto che viaggiaE’ la storia del canto che viaggia fin dall’antichità, che dal Medio Oriente viene assimilato prima da Atene e poi da Roma, divenendo elemento di fondo del canto popolare in tutta Europa. Canto che ha radici comuni, elementi riconoscibili nella forma, nel linguaggio, nello stile, ma anche la storia delle persone che si spostano, che migrano, che scambiano conoscenze e saperi e alimentano un Meltin’ Pot che da sempre rinnova e contamina il nostro linguaggio. E, ancora, storia delle persone che si muovono per trasmettere sapere e per conoscere: dai monaci medievali alla vita rinascimentale delle Corti italiane, al Tour d’Italie dei giovani intellettuali europei.
Il viandante è un concerto organizzato in tre “quadri” con parti musicali, letture e brevi spiegazioni. Si alternano liberamente melodie, canti polifonici e interventi strumentali, in una prospettiva di contaminazione e continua improvvisazione.
Il primo quadro parla dell’origine del canto che chiamiamo “europeo”: la melodia mediorientale, che viene veicolata attraverso la Grecia e Roma, e poi dalla tradizione ebraica (sefardita, askenazita) e rom, e più tardi dalle popolazioni arabe nel loro espandersi nell’Africa settentrionale e quindi nella penisola iberica. Iniziamo dalle melodie più semplici, che abbiamo conservato a una sola voce.
Il secondo quadro parte dalle tradizioni del canto gregoriano, del canto bizantino (nelle sue varie articolazioni) e del Corano (letteralmente “recitazione salmodiata”), che presentano alcuni aspetti di straordinaria affinità.
Possiamo pensare che una importante eredità del canto mediorientale sia costituita dal canto sacro in latino, che a seconda delle tradizioni e delle culture si è mantenuto inalterato nei secoli o si è trasformato. E’ anche vero però che il canto più semplice, che ha veicolato testi profani, è diventato patrimonio comune e si è vestito sovente, con una certa iniziale approvazione della Chiesa, di testi spirituali da cantare nei periodi liturgici dell’Avvento e della Quaresima, nei quali si sono concentrate le tradizioni popolari in lingua volgare che portarono alle Sacre Rappresentazioni. Mentre in Europa si diffondeva la tradizione gregoriana, che portò in seguito alla nascita della notazione musicale, dalla tradizione più semplice prendevano forza i movimenti pauperistici del Medioevo: Francesco d’Assisi parla delle melodie che gli cantava la mamma francese (probabilmente canti trobadorici), e compone su questo ricordo numerosissime Laudi. Ma anche Lutero utilizzò il canto “popolare”, conosciuto da tutti, per travestirlo di testi spirituali in lingua volgare e veicolare a tutti i principi della Riforma.
Il terzo quadro potrebbe essere intitolato "Ascolto del nuovo, assimilazione, imitazione, utilizzo e ri-utilizzo".
Racconta di come ciò che ascoltiamo dalla tradizione viene filtrato e assimilato dalle diverse culture. Un esempio: quando parliamo di musica “ungherese”, o “tzigana” (o ancora turca, giapponese…) sappiamo che Beethoven, Brahms, Liszt e Bartok ci presentano risultati molto diversi, perché quella stessa melodia popolare che hanno ascoltato viene filtrata dalle loro orecchie, dalla loro sensibilità, dalla loro cultura e dal loro linguaggio in modo differente. Si tratta di melodie popolari, o musiche di altre tradizioni, che si ascoltano investigando con più o meno cura nel proprio contesto geografico, oppure nel proprio percorso di formazione. Sappiamo ad esempio che nel Settecento e nell’Ottocento il viaggio di formazione - soprattutto in Italia - è stato al centro del percorso culturale dei più grandi intellettuali europei. E allora, pensiamo allo stupore di Goethe nell’ascoltare il “canto dei gondolieri” a Venezia.
Anche la musica leggera assimila e ri—utilizza il materiale melodico e ritmico della tradizione, con i suoi occhiali: proprio come avvenne a Lutero costruendo i corali, o alla canzone napoletana partendo dalla tradizione operistica.
Il progetto del viandante nato nel 2018 ed è stato ripreso in questi ultimi anni, con alcune varianti e integrazioni. La caratteristica del progetto è la contaminazione del coro con un gruppo di musicisti jazz, che lo accompagnano nel percorso culturale e musicale. Il progetto è stato anche proposto al Festival internazionale di Louga in Senegal, accogliendo la collaborazione di un gruppo di percussionisti.








